Madide nuvole
convergono
verso un cielo caduto.
Cospargono
di timori i bagnanti
poiché il sale
tira la pelle e la
cristallizza
ed il sole che fu
la sfalda.
Ovatta umida
sfonda la sabbia
con gocce
partorite
di prepotenza.

Preparai la stanza
alle imbracature collettive,
perfezionai la dialettica,
affinai la lingua.
Imparai a stare
in mezzo alle aspettative altrui
piuttosto a mio agio,
pareggiai i conti con le mie gambe
così da non dovermi dispiacere.
Eppure ancora
aspetto gelida.

“To dodge the bullet”

In inglese si dice “to dodge the bullet”, letteralmente “schivare il proiettile”, quando si riesce ad evitare una situazione di pericolo o di qualunque tipo di difficoltà o fastidio. Ed è così che io mi sento tutti i giorni della mia vita da qualche anno a questa parte, e sono sicura che in questo modo si sentono anche tante altre persone. Stare lì, con l’occhio critico prima di fidarsi di una notizia, col dito veloce e pronto a cambiare prima di ascoltare una canzone italiana di merda come ce ne sono tante (troppe) in questo periodo, a mutare la televisione o a spegnerla nel caso di programmi spazzatura, quali reality-show, finti talent-show, cuochi, tate e (ahimè) telegiornali. Sempre all’erta, chè non è detto che ciò che è messo lì per far ridere, faccia ridere veramente, e ciò che è messo lì per piangere, molto probabilmente fa solo indignare. Sempre attenta a non dare credito a personaggi popolari notoriamente maschilisti e/o misogini, boicottandoli in toto, ma comunque trovarseli in ogni piattaforma che parlano convinti di ciò che dicono, lasciando che povere animelle gli vadano dietro e rendano religione le immondizie che gli escono dalla bocca; che poi è la stessa cosa che succede se parla quello ancora convito dei 35 € agli immigrati o della sacralità della famiglia. Sempre con gli occhi sbarrati ché i documentari sull’ambiente in realtà ci girano attorno al vero motivo della scarsità dell’acqua, e quindi stai là, a pensare a quelle povere persone il cui terreno mentale era vuoto prima di guardare il programma e si lascieranno piantare in testa quell’idea, mentre per fortuna il tuo era già occupato, con l’idea giusta ormai cresciuta, forte e rigogliosa. E poi piccole cose: il sindaco Raggi, l’allevamento bio, l’AIDS non è mai esistito, il libro di Briga, Morgan che lascia Xfactor “perchè troppo commerciale” e te lo ritrovi ad Amici, i fattoni che ascoltano Caparezza, gli islamici sono tutti terroristi, le paludi bonificate e i treni in orario, la prostituzione legalizzata, Adinolfi e Donald Trump.
Insomma, c’è meno arte, meno verità, meno rispetto, man mano che si sale verso la superficie, e a chi vuole queste cose non resta che rimanere sott’acqua.

The fig tree (by Sylvia Plath)

I saw my life branching out before me
like the green fig tree in the story.
From the tip of every branch,
like a fat purple fig,
a wonderful future beckoned and winked.

One fig was a husband
and a happy home and children,
and another fig was a famous poet
and another fig was a brilliant professor,
and another fig was Ee Gee, the amazing editor,
and another fig was Europe
and Africa and South America,
and another fig was Constantin and Socrates
and Attila and a pack of other lovers with
queer names and offbeat professions,
and another fig was an Olympic lady crew champion,
and beyond and above these figs
were many more figs I couldn’t quite make out.

I saw myself sitting in the crotch of this fig tree,
starving to death, just because I couldn’t
make up my mind which of the figs I would choose.
I wanted each and every one of them,
but choosing one meant losing all the rest,
and, as I sat there, unable to decide,
the figs began to wrinkle and go black,
and, one by one, they plopped to the ground at my feet.

“Battiti” è OUT!

Tutte le strade hanno portato a questo punto.15268075_10208801784175192_7319262817767566067_n
È uscito il mio primo libro, Battiti, edito da La Caravella Editrice.
Una raccolta di 15 racconti scritti dell’arco di quasi tre anni.
Vi aspetta in tutte le librerie e online su lacaravellaeditrice.it.

In copertina: Francesco Cammarata

Quarta di copertina: “L’inquietudine di vivere, la smania di un’esistenza inconcludente, traboccante di follie. Questo il palco per i protagonisti: uomini e donne all’apparenza residenti nell’ombra, riescono ad emergere grazie al desiderio di sincerità. La durezza di questi racconti, per alcuni tratti acri e amari, rivela lineamenti di una contemporaneità troppo spesso sommersa”.

Cu tuttu stu scuru ca ha trasutu,
n’ammu manciatu li carni
e l’ammu rati a vinniri nta li ciazzi.
Marciannu e cantannu n’ammu calatu
li peggiu paroli
e i iatti n’annu taliatu
e n’annu mannatu
binirizioni.

La cultura è una cosa per esseri pensanti.

SONY DSCLa cultura è un processo, è un filo doppio. È un’onda che va e viene, poi va e torna ancora. La cultura è un albero, con radici ben piantate in terra, solide e disparate, ha un tronco, un corpo rivestito di corteccia: è sicura, difesa, inopinabile, razionale. E poi, tesi verso il cielo e l’infinito, essa ha rami, numerosi, simili eppure così diversi l’uno dall’altro. Quest’albero non è bidimensionale ma è a tuttotondo, e ogni ramo sta in un posto per un motivo e non per caso: nel lato più vicino al sole i rami avranno forse più fiori o più frutti e ogni ramo esiste perché esiste un tronco e una radice. La cultura è fatta di ramificazioni di pensieri, è fatta di correnti che si estendono e si sovrappongono, è fatta di flussi d’acqua che scorre su alvei diversi e da estuari diversi si riversa nell’immenso oceano della conoscenza personale.
Se ponete dighe sui letti dei fiumi per bloccare questo corso d’acqua, se tagliate questo grande albero e in giardino tenete solo un tronco basso, con radici morte e dimenticate allora rimarrete con quello che vi hanno insegnato a scuola elementare, rimarrete con le nozioni che vi hanno trasmesso i vostri genitori e in cui loro hanno creduto, ma che non è detto che siano le vostre, rimarrete terre in cui hanno piantato fiori, ma i quali fiori non sono mai spuntati e stagni, in cui è raccolta acqua stantia e puzzolente, fermandosi troppo prima del mare. Rimarrete omini con le teste chinate verso il basso e non saprete mai cosa vuol dire assaggiare l’infinito.

L(‘)otto.

6c56dc376c928fad2f2487ababba9489Vorrei che tutte le giovani donne aprissero gli occhi e la mente per capire il mondo e il modo in cui ci tratta, per imparare a non dare niente per scontato, in particolare la realtà che viviamo, che non è detto che sia sempre tutto lecito, e imparare a scavare in essa e dire NO. Che il modo in cui ci trattano, all’apparenza è tutto rose e fiori (e mimose) ma c’è dell’altro e molto altro. Ma basterebbe anche che ci trattassero con sole rose e fiori, che non siamo solo quello in ogni caso. C’è una disugualità incredibile, c’è una distanza incolmabile; che loro qualunque cosa facciano è giusta e noi qualunque cosa facciamo è promiscua, brutta, volgare o inaccettabile.
Vorrei allora che tutte le giovani donne aprissero gli occhi e la mente, cominciassero a fare domande, capissero, imparassero, seducessero la conoscenza, abbracciassero se stesse in libertà e si apprezzassero in testa, nel cuore e nel corpo e tra le gambe.
Noi possiamo anche da sole, è il momento di cambiare le cose, è il momento di farci sentire.

LADIES #1 – Miley Cyrus

Le donne che io definisco ‘mie donne’ sono tante, ma ce ne sono alcune che lo sono tanto, che lo sono profondamente e completamente, altre che lo sono poco, donne che conosco non così tanto, ma che comunque ammiro. Sto parlando di un gruppo piuttosto eterogeneo di donne, alcune giovani, alcune adulte, altre il cui tempo è già passato. Ognuna è diversa dalle altre, ognuna ha il suo settore, ognuna ha il suo tipo di fascino e di forza, il suo tipo di ideale, le sue debolezze.

Direi di partire dalla più giovane, non perché è la più giovane, ma perché è la più difficile e più controversa, forse la più conosciuta eppure così sconosciuta. La donna di cui parlo è Miley Cyrus, cantautrice, attrice e filantropa, nata nel 1992 a Nashville, Tennessee. Raggiunge la fama interpretando il ruolo di Hannah Montana nell’omonima serie targata Disney e nel frattempo rilascia due album, nel 2008 e nel 2010. La serie giunge al termine nel 2011. Nel 2013, dopo aver lasciato la Disney, un nuovo album, dai sound completamente diversi rispetto a quelli cui i fans erano abituati con i primi due. Infatti, tumblr_mwu106L9x61ryvjzno1_500mentre Breakout (2008) e Can’t be tamed (2010) hanno sonorità pop/rock, in Bangerz (2013) si nota certamente l’impatto della cultura hip hop e dance/pop. Miley non è cambiata solo in senso musicale, ma in tutti i sensi. A partire dal famoso drastico taglio di capelli, fino ad arrivare alla nudità nei video musicali, allusioni sessuali sul palco durante i live, costumi strani e improponibili e dichiarato uso di cannabis. Questo è il periodo in cui Miley finisce al centro di critiche e controversie, mamme di ragazzine e ragazzini che erano soliti seguirla nel famoso telefilm cominciano a criticarla per via della cattiva influenza che tutto ciò poteva avere sui loro figli. Certamente la Cyrus non è più la stessa, è chiaramente cambiata dai tempi di Hannah Montana, ma questo non la rende meno credibile o, soprattutto, per questo non merita meno rispetto di tante altre performer che magari fanno lo stesso, ma che prima di fare quello che fanno non erano sotto contratto con una delle più grande aziende dedicate all’entertainment per bambini e ragazzi. Questo rende più santo il santo, ma più che altro più profano il profano. Lei stessa, come si vede in un documentario su di lei, si chiede se se per caso non avesse mai fatto Hannah Montana e sarebbe nata solo come la cantante che è ora, la gente si sarebbe scandalizzata in egual maniera. Nello stesso documentario spiega come non pensa a quello che fa sul palco, non c’è niente di volutamente provocatorio, e mentre i media escono pazzi con una performance lei è già seduta a tavolino a pensare alla successiva, perché niente è così importante, anzi, più che altro perché se è una donna a ballare e cantare mezza nuda su un palco sono tutti puritani, ma se è un uomo a cantare circondato da ballerine mezze nude su un palco che tutto quello che fanno e sorridere e ammiccare allora è giusto e sacrosanto. Miley Cyrus è dichiaratamente femminista, ma ha un modo tutto suo di manifestare questo ideale, non più giusto, non sbagliato, solo diverso. Forse più di impatto. La società, a noi donne, ci vuole sempre più scoperte e disinibite, allora Miley Cyrus ha deciso di cantare ed esibirsi scoperta e disinibita, e lo ha fatto con forza e convinzione. Il paradosso è che la società non ha apprezzato. Perché al giorno d’oggi sei fregata in entrambi i casi, sia che tu combatta sempre più vestita di proposito, per dispetto, o, come ha fatto la Cyrus, svestita, che tanto alla fine non va bene neanche così.
Il quarto album di Miley Cyrus è Miley Cyrus and her Dead Petz (2015) e il genere sta volta è il pop psichedelico, con canzoni sui suoi animali, sull’ambiente e ovviamente sull’amore. L’album è un album digitale, cioè non ne esiste una copia fisica, ma è solo ascoltabile online; questo per incentivare il pensiero che la musica dovrebbe arrivare a tutti senza limiti. Il titolo dell’album è piuttosto esplicativo, infatti Miley è famosa per essere una ragazza che ama molto gli animali, ha l’abitudine di adottare cani o gatti, o anche pesci e maiali e quando alcuni di loro sono morti lei ci ha sofferto davvero tanto (per capire quello che dico vi basta dare un ascolto a Pablow the Blowfish).
tumblr_nu2mgdwhVR1qjls7vo1_540Miley è una persona indipendente, forte, stranissima e “folle”, nel senso che non le interessa quello che pensa la gente di lei o di quello che fa, ne è una prova il suo profilo instagram, pieno di arcobaleni, facce di alieni, pizze, foto ritoccate in cui si inserisce abbracciata a Elvis Prestley o in cui la faccia di una Miley Cyrus bambina sostituisce il volto di star famose; è inutile dire anche quanto talento abbia, e non sono certo io a dirlo per prima, vi basta dare un ascolto alla sua versione di Lilac Wine di Jeff Buckley.
Cercate quindi di andare oltre il famoso video di Wrecking ball o la famosa performance ai VMAs del 2013, perché Miley Cyrus è più di quello. Miley Cyrus è libertà, forza, indipendenza, Miley Cyrus a ventitre anni è l’adolescente che non è potuta essere quando ne aveva 13, pur portando avanti progetti e ideali che richiedono una certa maturità, Miley Cyrus ha fondato un’associazione per dare una casa ai senza tetto, è una femminista vegetariana, si batte per i diritti degli omosessuali e dei transessuali, e nel tempo libero intreccia collanine, si trucca a volte applicandosi in faccia il glitter o le stelline colorate e si fa tatuare un avocado nell’avambraccio. Non dico che dovrebbe piacere a tutti, ma mi piacerebbe se un giorno smettesse di essere accusata per cose che non è la sola a fare e ottenesse il rispetto che merita.