L(‘)otto.

6c56dc376c928fad2f2487ababba9489Vorrei che tutte le giovani donne aprissero gli occhi e la mente per capire il mondo e il modo in cui ci tratta, per imparare a non dare niente per scontato, in particolare la realtà che viviamo, che non è detto che sia sempre tutto lecito, e imparare a scavare in essa e dire NO. Che il modo in cui ci trattano, all’apparenza è tutto rose e fiori (e mimose) ma c’è dell’altro e molto altro. Ma basterebbe anche che ci trattassero con sole rose e fiori, che non siamo solo quello in ogni caso. C’è una disugualità incredibile, c’è una distanza incolmabile; che loro qualunque cosa facciano è giusta e noi qualunque cosa facciamo è promiscua, brutta, volgare o inaccettabile.
Vorrei allora che tutte le giovani donne aprissero gli occhi e la mente, cominciassero a fare domande, capissero, imparassero, seducessero la conoscenza, abbracciassero se stesse in libertà e si apprezzassero in testa, nel cuore e nel corpo e tra le gambe.
Noi possiamo anche da sole, è il momento di cambiare le cose, è il momento di farci sentire.

Giornata internazionale contro la violenza sulle donne.

Da dove comincio? Dalle spose bambine o dagli stupri correttivi per redimere le lesbiche? Dalla violenza domestica o dalle mutilazioni genitali femminili? La tratta delle nere o la tratta delle bianche? Lo stalking o il femminicidio? Gli stupri di guerra o l’acidificazione? L’aborto selettivo o l’aborto negato? L’imparità retributiva a pari quantità e qualità di lavoro o le dimissioni in bianco? La quasi assenza di figure femminili nei programmi scolastici (come se nella storia prima di noi fossero esistiti solo uomini e la santa Maria, la prostituta Maddalena, la seducente Cleopatra, la strega al rogo Giovanna e la suora Teresa)? La pornografia che non ci considera e non ci rappresenta, la pubblicità che ci offende o, ancora, l’oggettivazione e la sessualizzazione di un corpo femminile standardizzato?
Da dove comincio a pensare, a studiare, ad informarmi, a scrivere, a parlare?
Dai numeri? Dalle statistiche? Dal fatto che in Italia 1 donna su 3 tra i 16 e 70 anni ha subìto una violenza solo perchè donna? O da quel “una donna uccisa ogni due giorni” da marito, compagno, ex?
Dalle discriminazioni? Dalle disuguaglianze nell’esercizio pieno e libero dei diritti economici, sociali, politici, civili e culturali?
Dagli stereotipi? Che se ridiamo siamo galline, che se ci piace il sesso siamo puttane, che se piangiamo siamo femminucce e se da bambine ci arrampichiamo sugli alberi siamo maschiacci? Dal fatto che io avrei voluto il grembiule blu, il mio colore preferito all’asilo era il rosso e quindi perchè tutto ‘sto rosa?
Da chi oggi guarderà le immagini di donne riunite, insieme per manifestare, ballare, parlare discutere con quello sguardo paternalista, patriarcale e maschilista della serie “ma che lo fate a fà” o da chi continua a pensare erroneamente che essere femminista significa “odiare gli uomini” e ci chiama “femi-naziste”?
Allora, faccio così, comincio da chi ha scelto di vivere ogni giorno come se fosse la giornata internazionale contro la violenza di genere. Comincio dalle donne, e comincio da me.


Giovanna Bruno – Socia Rising

A tutte le donne che svolgono una professione detta “maschile”:
vi sentite più orgogliose e soddisfatte se si riferiscono a voi col termine del vostro mestiere al maschile o al femminile, anche se con qualche sorpiatura (apparente) dell’italiano?
Preferite sentirvi più vicine al sesso opposto pur di sapere di acquisire autorità oppure preferite che l’italiano venga deturpato un poco pur di mantenere la vostra identità di donna?
Vi sentite più un avvocato, un muratore, un generale e pensate che “avvocatessa” o “muratrice” sminuiscano la vostra posizione o vi sentite in dovere di farvi affibbiare un lavoro declinato al femminile in quanto donna? Chi viene prima, per voi, voi o loro?

LA TELEVISIONE ITALIANA E IL SESSISMO

Credo sia assodato che la televisione italiana non spicchi per i suoi programmi di cultura o affini, tra culi gratis, reality show e trasmissioni di dubbia intelligenza, il salvabile è davvero poco. La figura della donna in particolare è molto sminuita, d’altronde la televisione è lo specchio della società che la crea, quindi non c’è da meravigliarsi. Per farvi degli esempi potrei parlare di tutte quelle veline e letterine e compagnia cantante, ragazze che conduttori uomini (ovviamente) tengono lì in bella mostra, strizzate in vestitini stretti e tacchi vertiginosi, che non hanno un vero e proprio compito specifico, e che soprattutto non trovano un corrispettivo in tutte le altre televisioni europee; potrei parlare di programmi incentrati sul far sentire bene la donna. Come? Ma riempiendola di vestiti, OVVIAMENTE, e anche rifacendole i capelli o il trucco, o insegnandole a cucinare. Potrei parlare di tutti quei casi di femminicidio che si sentono nei vari notiziari, dove poi alla fine è l’uomo che ha un raptus, o è la donna che lo tradiva o lo voleva lasciare, mannaggia a lei! Oppure casi di violenza sessuale, dove ci si chiede disperati e additanti “cosa ci faceva una ragazzina da sola di notte in giro?”, o “perché aveva i pantaloncini a luglio?”. Ce ne sarebbero di esempi, tutti quelli che vogliamo, ma per descrivere esattamente la nostra scatola magica e, di rimando, il nostro Bel Paese, non posso che tenere in conto delle pubblicità.
Certo, tu, azienda, devi vendere il tuo prodotto. Sacrosanto. Ma fallo in maniera non discriminatoria, prego, che sennò mi condizioni le generazioni future, e già che non partiamo tanto bene, non ti ci mettere pure tu; non si fa altro che propinare le vecchie regole dell’amico Benito, quelle della donna incollata alla cucina e angelo della casa e dell’uomo avventuroso, che esce, parte, va, fa cose. Di recente una nota marca di pannolini ha propinato per un periodo agli italiani già chiusi di per sé uno spot in cui una voce fuori campo metteva a confronto le possibili aspirazioni degli infanti. Da un lato un bambino maschio (in sfondo rigorosamente azzurro) e dall’altro una bambina femmina (in sfondo rigorosamente rosa): il primo penserà a fare goal, a cercare avventure, la seconda penserà a farsi bella e a trovare tenerezza, l’uno andrà dietro all’altra e non viceversa. Che bello!
Chissà che eresia una donna non ossessionata dalla sua immagine e un uomo non ossessionato dal calcio. Ah! Quando c’era lui!
Per concludere mi permetto di paragonare due fenomeni sociali, due comportamenti che abbiamo intrinsechi nei cromosomi e non ci facciamo neanche caso, anzi, li incentiviamo, a volte inconsciamente, a volte no, a volte in maniera sottile, a volte in maniera eclatante: da una lato la condanna alla donna che ha una vita amorosa/sessuale attiva, dall’altro l’elogio dell’uomo con la stessa disgrazia/fortuna. A testimone del primo fenomeno propongo il reality show della mediaset (sorpresa!) ‘Temptation Island’ e una delle sue partecipanti, una certa Aurora. Quello che ho capito del programma, pur non avendolo visto, è che sei coppie non sposate stanno per un periodo di tempo in un villaggio. Queste coppie vengono separate, uomini da una parte e donne dagli altri, e vengono “tentate” rispettivamente da dodici donne e dodici uomini single. Vince praticamente, credo, la coppia che resiste alle tentazioni. Io direi che statisticamente è molto probabile che più di una coppia “scoppi”, anzi è praticamente sicuro, visto che la vincitrice sarà una sola. Eppure, nel momento in cui questa Aurora dichiara di voler lasciare il fidanzato succede il putiferio. Ma non un putiferio tipo: “no cavolo assieme eravate bellini”, ma un putiferio di quelli tosti e volgari e così tossici da farmi venir voglia di lavarmi: Aurora è offesa, additata, biasimata, a questa crista si dà gratuitamente della tr*ia, della putt*na e simili, commenti e dicerie da far venire i brividi. Tutta una serie di frasi sconce e oscene, tutta una serie di video e immagini da ribrezzo, “scherzi” e “battute” di un maschilismo e di una misognia florescenti.
A testimone del secondo fenomeno, invece, propongo lo spot di un famoso brand di diari e agende. Cosa accade? Ecco: tre ragazzi stanno seduti su una panchina, al gruppo si avvicina in lacrime una ragazza, che dopo aver schiaffeggiato il ragazzo al centro dice: “Mi avevi detto che ero l’unica!” Il ragazzo non si scompone e dice: “L’ho detto ma c’era l’asterisco” e nel frattempo i due ragazzi ai lati fanno facce differenti per esprimere un pensiero più o meno comune: il primo guarda la ragazza dicendole con gli occhi che è una povera illusa, mentre il secondo, sempre con lo sguardo, esprime pena e compassione.
Come già detto, ciò che nell’uomo viene lodato, nella donna viene condannato, in tv e nella realtà, per quanto magari nel reality è tutto finto e costruito e tutto quello che volete, di certo non lo sono le reazioni del pubblico. La ragazza ha “soltanto” lasciato il fidanzato e si becca valanghe di insulti terribili, il ragazzo ha rimorchiato almeno tre ragazze alla stessa festa (come si vede nello spot) di cui una è quella chiaramente presa in giro e noi spettatori lì a sorridere e a annuire compiaciuti mentre giriamo il sugo.
Insomma, fate pace col cervello.